500 anni in lotta per la libertà
Era il 2016 quando ho fatto le mie prime vacanze in Albania; tra l’incredulità di tanti e con pochissime vaghe informazioni, a inizio luglio siamo partiti per un viaggio che mai avrei pensato avrebbe potuto cambiare così radicalmente la direzione della mia vita, professionale e personale.
Ma non voglio parlare di me, voglio parlare di lei, dell’Albania, questa piccola nazione che non solo nasconde meraviglie inimmaginabili, ma che ha alle sua spalle una storia a dir poco sconvolgente che, a mio parere, tutti gli italiani dovrebbero conoscere e che ha fatto far nascere dentro di me un forte attaccamento e una grande empatia verso il popolo albanese.
1385 – 1912 | Partiamo da qui, da 500 anni di dominazione ottomana e da impavidi eroi a cavallo che hanno sguainato spade affilate e combattuto fino alla morte per evitare che il già esteso Impero turco arrivasse fino in Europa. Già, è proprio così, se non ci fosse stato Giorgio Castriota Skanderbeg e i suoi valorosi uomini, probabilmente saremmo tutti musulmani.
Oggi ogni albanese conosce le gesta eroiche di Skanderbeg e di tutti gli altri prodi condottieri che hanno combattuto per difendere il territorio e i valori morali e cristiani dai turchi. Le tracce dell’Impero turco sono presenti ovunque; chiese, fortezze, castelli, monumenti. Non si può nascondere il fatto che oggi l’Albania è quella che è anche grazie all’influenza turca che si ritrova nella cucina, nella musica, nella religione, nella lingua e nella cultura.
Il Principato, la Repubblica e il Regno
1912 – 1939 | Durante questi anni successe di tutto; l’Impero ottomano crollò in tutti i Balcani e le grandi forze europee si mobilitarono per ristabilire i confini tra Serbia, Montenegro, Macedonia e Grecia, cercando ovviamente di favorire i propri traffici economici e commerciali a discapito della Russia, anch’essa interessata allo sbocco sul Mediterraneo.
L’Albania si ritrovò a percorrere un nuovo cammino come stato indipendente ma con enormi pressioni da parte delle potenze europee che, con la scusa del protettorato, esercitavano il quasi totale controllo sulla nazione. La prima forma di governo fu il principato sotto Guglielmo di Weid, di origine rumena, che restò al trono per poco tempo poichè quando scoppiò la prima guerra mondiale, non sentendosi più al sicuro, abbandonò l’Albania rifugiandosi a Venezia. Al suo ritorno, terminata la guerra, sperò di tornare sul trono, ma chi vinse aveva già altri piani per l’Albania e nel 1924 venne dichiarata la prima Repubblica.
Ahmet Lekë Bej Zog, albanese di fede musulmana, fu nominato Primo Ministro ma soli 4 anni dopo si autoproclamò Re Zog I istituendo una monarchia costituzionale. In pochi anni l’operato di Zog I portò grandi debiti all’Albania nei confronti dell’Italia, alleato fiscale ed economico già dal 1920 in seguito al trattato di amicizia che recitava: “L’Italia si impegna a riconoscere e difendere l’autonomia dell’Albania e si dispone senz’altro, conservando soltanto Saseno, ad abbandonare Valona”.
Mussolini però, fregandosene del trattato e intenzionato a dominare i Balcani, sfruttò l’impossiblità di saldare questi debiti imponendosi sempre di più nell’esercito e nell’amministrazione dello stato fino a quando, nel ’39, occupò militarmente l’Albania e proclamò Vittorio Emanuele III nuovo Re d’Italia e d’Albania.
Al museo di storia nazionale di Tirana, si possono ripercorrere le tappe della storia del ‘900 dell’Albania con documenti, fotografie e oggetti originali dell’epoca.
L’occupazione italiana
1939-1943 | Questo, insieme al periodo della dittatura comunista che seguirà, è un pezzo di storia dell’Albania che riguarda profondamente anche noi italiani, ancora oggi che sono passati più di 70 anni.
L’Italia, che era stata fin da subito interessata all’Albania, al termine della Prima Guerra Mondiale, sfruttando il caos generale, tentò l’occupazione inviando i primi operai e lavoratori e investendo in lavori pubblici e infrastrutture. Mussolini nel ’39 riprese il discorso e diede il via ad un processo di italianizzazione dell’Albania inviando altri uomini che avrebbero costituito delle colonie e avrebbero lavorato per gestire le risorse, costruire strade, edifici, ferrovie e infrastrutture pubbliche. Arrivarono anche imprenditori e forze dell’ordine con famiglie al seguito fino ad un totale di 51.000 italiani.
L’impiego di uomini e di investimenti a favore della modernizzazione dell’Albania non era di certo una mera opera di bene, era bensì il tentativo di una vera e propria colonizzazione che ben presto iniziò a suscitare del malcontento. Tra la popolazione si organizzarono delle bande partigiane e nacque il Movimento di liberazione nazionale di cui faceva parte anche il partito comunista di Enver Hoxha.
Nel frattempo il Duce, che puntava in alto, intentò una campagna di conquista della Grecia, ma la spedizione finì disastrosamente per mancanza di conoscenza del territorio e consentì ai tedeschi di Hitler di infiltrarsi. Con da una parte i partigiani e il movimento di liberazione nazionale, dall’altra parte i nazisti e la seconda guerra mondiale in corso, Mussolini nel 1943 capitolò e fu costretto ad arrendersi. Molti italiani vennerò fucilati dalla resistenza albanese e tanti altri morirono di stenti; si salvarono solo coloro che si unirono alla resistenza antifascista.
Quella che per l’Albania sembrava una nuova svolta verso la libertà, in verità non era altro che l’inizio di un nuovo terribile incubo che durò 50 anni, la dittatura comunista.